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La mensa era piena di ragazzi. Lunghe
file di tavoli percorrevano la grande stanza.
I due neri che servivano avevano la solita faccia scocciata. Le patatine
sapevano di olio vecchio di mesi. Fabio guardò Simone sollevando con la
forchetta la pasta scotta ai quattro formaggi.
" Ma possibile che in questa cavolo di mensa non c'é mai un pasto decente??!!"
Simone sollevò gli occhi scuri dal piatto e guardò il suo amico:
" Secondo me é proprio una questione che gli Inglesi non sanno fare da mangiare.. Poi figuriamoci quando devono cucinare pasti per centinaia di ragazzi affamati.. "
"Sará, io comunque vado a prendermi una banana.. Almeno quella non la devono cucinare si spera."
Fabio si alzò dalla sedia con aria scocciata. Scuotendo i capelli ricci e aggiustandosi gli occhiali rotondi, si diresse con passo deciso verso i lunghi tavoli dove veniva servito il cibo. Fabio odiava mangiare male, da buon italiano che non aveva mai conosciuto terre lontane, sognava la cara e vecchia pasta al forno di mamma. D'altronde lui nemmeno ci voleva venire in quella cavolo di Inghilterra. Era stata un'idea della mamma di Simone che poi aveva convinto la sua. Una sera a tavola sua madre, guardando il telegiornale e senza distogliere gli occhi dalla televisione, gli aveva detto:
" Allora Fabio ci vuoi andare in Inghilterra a imparare un pò di inglese? Mi ha chiamato Anna dicendo che organizza tutto lei. Dai che tu e Simone vi divertite lassù."
Simone azzannando la cotoletta, con la bocca piena aveva risposto:
"Va bene. Tanto non saprei che fare qui da solo a casa."
Era pentito di aver dato quella risposta. Li faceva tutto schifo. Nei corsi della mattina lo avevano diviso da Simone e aveva un insegnante stupido e grasso. Ad ogni modo forse stare a casa sua sarebbe stato ancora piú deprimente. Con quel caldo afoso e senza il suo migliore amico. Cosa avrebbe fatto tutto il giorno? Almeno qui poteva divertirsi con Simone nelle ore libere del pomeriggio. Mentre tornava al tavolo con una banana in mano, pensò che se proprio dovevano restare in quel posto per altri 10 giorni, quella trasferta in Inghilterra doveva prendere una piega diversa. Ci voleva qualcosa che rendesse quella vacanza indimenticabile.
Lanciò la banana sul piatto e guardò gli occhi neri di Simone con aria decisa. Si sedette velocemente.
" Ma possibile che in questa cavolo di mensa non c'é mai un pasto decente??!!"
Simone sollevò gli occhi scuri dal piatto e guardò il suo amico:
" Secondo me é proprio una questione che gli Inglesi non sanno fare da mangiare.. Poi figuriamoci quando devono cucinare pasti per centinaia di ragazzi affamati.. "
"Sará, io comunque vado a prendermi una banana.. Almeno quella non la devono cucinare si spera."
Fabio si alzò dalla sedia con aria scocciata. Scuotendo i capelli ricci e aggiustandosi gli occhiali rotondi, si diresse con passo deciso verso i lunghi tavoli dove veniva servito il cibo. Fabio odiava mangiare male, da buon italiano che non aveva mai conosciuto terre lontane, sognava la cara e vecchia pasta al forno di mamma. D'altronde lui nemmeno ci voleva venire in quella cavolo di Inghilterra. Era stata un'idea della mamma di Simone che poi aveva convinto la sua. Una sera a tavola sua madre, guardando il telegiornale e senza distogliere gli occhi dalla televisione, gli aveva detto:
" Allora Fabio ci vuoi andare in Inghilterra a imparare un pò di inglese? Mi ha chiamato Anna dicendo che organizza tutto lei. Dai che tu e Simone vi divertite lassù."
Simone azzannando la cotoletta, con la bocca piena aveva risposto:
"Va bene. Tanto non saprei che fare qui da solo a casa."
Era pentito di aver dato quella risposta. Li faceva tutto schifo. Nei corsi della mattina lo avevano diviso da Simone e aveva un insegnante stupido e grasso. Ad ogni modo forse stare a casa sua sarebbe stato ancora piú deprimente. Con quel caldo afoso e senza il suo migliore amico. Cosa avrebbe fatto tutto il giorno? Almeno qui poteva divertirsi con Simone nelle ore libere del pomeriggio. Mentre tornava al tavolo con una banana in mano, pensò che se proprio dovevano restare in quel posto per altri 10 giorni, quella trasferta in Inghilterra doveva prendere una piega diversa. Ci voleva qualcosa che rendesse quella vacanza indimenticabile.
Lanciò la banana sul piatto e guardò gli occhi neri di Simone con aria decisa. Si sedette velocemente.
" Simo.. Dobbiamo dare una lezione a questi inglesi.. "
" che vuoi dire?" Rispose l’amico.
" Dai dobbiamo vendicarci per questo cibo di merda. E poi questa specie di vacanza é una gran sega. Il supermercato in fondo al college ce l'hai presente?. Ecco, noi prendiamo una borsa e lo svaligiamo. Come nei film americani.. Ti sta??"
Simone guardò incredulo l'amico.
Faceva sul serio? Davvero voleva fare questa cavolata? Era un rischio troppo
grande.
" Ma Fabio tu sei scemo. Se ci
beccano? Guarda che poi ci rispediscono a casa e i nostri genitori ci fanno
neri."
" Beh vuoi dirmi che sarebbe così
male tornare a casa? Dai su. Pensaci bene. Non abbiamo niente da perdere."
Simone riprese a mangiare lentamente
l’ imitazione di pasta che galleggiava sul suo piatto, non voleva dare una
risposta affrettata a quella proposta così folle del suo migliore amico.
Sollevò gli occhi e guardò i ragazzi che sedevano affianco a loro. Quel pazzo
di Fabio nemmeno si era assicurato che gli altri non li stessero ascoltando.
" Simo tranquillo. Questi vicino
a noi sono tutti bulgari e cinesi. Non capiscono niente di quello che
diciamo."
" Si ma Fabio io devo pensarci.
Mi sa di una stronzata colossale. Finiremo sicuro male. Non lo so.."
Fabio cominciava ad innervosirsi.
Fissò lo sguardo sulla polo bianca dell'amico.
" Simo sei una sega. Sempre a
fare il vecchietto. Io vado in camera."
Fabio fece per alzarsi, ma l'amico lo
prese per la camicia a quadri e lo fece ricadere sulla sedia. Simone fissò
quegli occhi nascosti dietro gli occhiali rotondi.
" Lo sai che mi da fastidio
quando dici che sono un vecchio.."
Fabio accennò un sorriso. Sapeva
dall'inizio quale era la tecnica giusta per convincere l'amico. Aveva funzionato
anche questa volta.
" Va bene facciamolo. Ma se ci
scoprono e ci mandano a casa ci parli tu con i nostri genitori e gli spieghi
che è stata una tua idea."
" Tranquillo Simo.. di film
americani ne ho visti tanti. Vedrai che non ci becca nessuno."
I due presero i rispettivi vassoi e li
svuotarono nei grandi cestini. Uscirono dalla sala con passo svelto. Fabio fece
una smorfia al nero che serviva. Simone gli diede una spinta e aprendo la
porta, fece un sorriso a quella ragazza bionda che fissava da qualche giorno.
Era troppo carina. Bionda, alta. Chissà da dove veniva. Fatta quella
specie di cavolata del furto ci sarebbe andato a parlare. Guardò Fabio
fiondarsi su per le scale che portavano ai dormitori. Lo seguì di corsa.
Entrarono nel dormitorio maschile.
Lunghi corridoi di camere e grandi bagni in comune posti alle estremità. I due
si chiusero nella stanza di Fabio. Sul
letto accostato al muro c'erano parecchi fumetti. Una scrivania davanti alla
finestra fungeva da armadio. Per terra calzini sporchi e mutande. Fabio non era
mai stato un tipo ordinato. Simone non rimase di certo sorpreso di tutto quel
casino.
" Allora Simo senti un po’ come
ci organizziamo. Entriamo tutti e due nel supermercato. Tu prendi un carrello
piccolo e resti vicino all'ingresso. Mentre sorvegli l'entrata e ti assicuri
che non ci siano guardie o persone strane che entrano, metti delle cose a caso
nel carrello. Io intanto con la mia borsa prendo tutto quello che posso dai
banconi del negozio. Poi, quando ti faccio un cenno con la mano, andiamo tutti
e due davanti alla cassa, così nessuno si insospettisce. Di fronte alla cassiera io dico che ti aspetto fuori. Esco e sorveglio
l'entrata e la strada. Tu intanto paghi la roba del carrello ed esci
tranquillamente con le buste. Poi ovviamente corriamo qui nei dormitori e ci
mangiamo tutto quello che abbiamo rubato. Allora che ne pensi??"
Simone si fece spazio nel letto
spostando i giornaletti. Restò per un attimo a fissare la moquette blu sporca e
vecchia. L'idea di Fabio non era male. Poteva funzionare. Ma sarebbe riuscito a
mantenere la calma mentre pagava alla cassa? Ci doveva provare, sennò poi chi
lo sentiva quello altri 10 giorni?
" Penso che è una buona idea.
Quando lo vogliamo fare?"
" Stasera. Quando i ragazzi
cominciano ad andare a mensa e il supermercato è sicuramente vuoto."
" Va bene. Allora adesso
scendiamo a giocare a basket?"
" Ok. Aspetta che ritrovo i
calzini."
Il pomeriggio passò presto. Fabio e
Simone erano la coppia più forte a pallacanestro di tutto il college. I russi
provavano sempre a sfidarli ma ne uscivano puntualmente sconfitti. Quel
pomeriggio, sotto gli occhi della bionda carina di cui Simone ancora non sapeva
il nome, la super coppia vinse di un solo punto. Fabio, grondante di sudore,
guardò l’amico.
“ Simo.. abbiamo rischiato di perderla
questa. Allora.. il motivo per cui stai giocando di merda è che sei preoccupato
per stasera o la biondina lassù che continua a fissarti?”
“ Non lo so. Credo entrambi.”
Finita la partita i due salirono nelle
rispettive camere. L’ora del furto stava per arrivare. Andarono alle docce
insieme e si cambiarono velocemente. Alle 6 e 30 erano sotto le scale del
dormitorio. Fabio con la solita camicia a quadri rossa e gli occhiali rotondi
appannati. Simone con una maglietta nera e uno sguardo ansioso. Fuori il cielo
era diventato grigio, piccole gocce di pioggia cominciavano a cadere
sull’asfalto.
Per arrivare al supermercato presero
la via che passava dietro il college. Non volevano che insegnanti o compagni
vari, li vedessero andare verso il luogo del delitto.
Arrivarono davanti alla porta
scorrevole del negozio. La solita ragazza dai capelli neri e i fianchi
tondeggianti sedeva alla cassa. Un anziano signore stava pagando. I due ragazzi
osservarono attentamente l’interno del supermercato.
“ Dai Simo.. appena va via il vecchio
entriamo. Sembra che non c’è nessun altro dentro.”
“ Ma Fabio una cosa. Sei sicuro che
non ci sono telecamere?”
“ Si, ho controllato l’ultima volta
che siamo venuti a prendere le patatine.”
Simone alzò gli occhi al cielo e
azzardò una preghiera. Se lo avessero rimandato a casa sua madre lo avrebbe
messo in punizione per il resto dell’ estate. Ne era convinto. Fece un respiro
profondo. In quel momento il vecchio uscì dal supermercato. Guardò i due
ragazzi con aria interrogativa, poi lentamente, portando avanti il suo bastone,
si diresse verso una vecchia macchina rossa. Fabio senza parlare fece un gesto
all’amico e i due entrarono. La ragazza alla cassa giocava con l’Iphone. Simone
prese il carrello e si posizionò vicino all’entrata. Prese dal bancone dei
rotoli di carta igienica e due dentifrici. Cercò di captare con lo sguardo
l’amico. Vide i capelli ricci e la borsa verde che comparivano e scomparivano
dai piccoli corridoi del supermercato. A Simone parve che fossero lì da ore,
ogni secondo sembrava durare un’eternità. Finalmente, dopo qualche buon secolo,
Fabio gli fece un cenno con la mano. Con passo lento e tendendo sempre d’occhio
l’ingresso, Simone si avviò verso la cassa. La ragazza dai fianchi larghi
guardò i due ragazzi con aria sospetta. Cominciò a passare sulla macchinetta la
carta igienica che Simone prontamente aveva messo sopra il bancone. Fabio
abbozzò in un inglese più simile al siciliano che non a qualche altre lingua: “
I wait you outside!”. Voleva essere sicuro che la cassiera capisse. Tutto sembrava filare liscio. Simone si
diresse all’uscita con due buste bianche, salutando la ragazza dai fianchi
tondi. Fuori dal negozio i due si guardarono e si scambiarono un reciproco sorriso.
Fabio stava per dire qualcosa all’amico quando questo lo prese per la camicia e
lo girò bruscamente. Davanti a loro camminava con passo svelto e pesante,
l’insegnante grasso e stupido di Fabio. Si dirigeva proprio verso di loro,
verso l’ingresso del supermercato. I due amici si guardarono con occhi carichi
di panico. Cominciarono a camminare verso i dormitori. Si incrociarono con il
grassone che sorrise ad entrambi. Passato il veloce incontro i due ragazzi, in
preda ad una scarica di adrenalina, cominciarono quasi d’istinto a correre.
Simone aveva preso velocità, la paura lo faceva correre più delle urla del loro
allenatore di pallacanestro. D’un tratto fù costretto a fermarsi. Sentì un urlo
e si voltò. Fabio era inciampato su un sasso. La borsa verde era caduta e si
era aperta. Il grassone, che aveva sentito il botto, si era voltato e ora si
stava dirigendo verso Fabio e il suo ginocchio sanguinante. Simone guardò
l’amico. Lui gli fece un gesto con la mano che voleva esprimere un semplice
concetto: scappa finchè puoi. Il grassone era ormai vicinissimo a Fabio. Simone
cominciò ad allontanarsi ma, quando in lontananza vide i dormitori, fu preso da
un tremendo senso di colpa. Poteva lasciare lì il suo amico? Poteva essere così
bastardo? Beh però gli aveva detto lui di scappare.. Si ma poi che avrebbe
fatto al college senza Fabio se lo rispedivano a casa? Tornò indietro correndo.
Trovò l’insegnante che sollevava Fabio e la borsa piena di merce rubata.
L’amico scosse la testa vedendolo arrivare. I due non parlarono mentre venivano
condotti negli uffici dei responsabili del college.
Un’ora dopo Fabio e Simone erano
seduti sul letto pieno di giornaletti. Avevano i cellulari in mano e
aspettavano con paura e ansia la chiamata delle rispettive mamme. La preside gli
aveva detto che doveva consultarsi con gli altri responsabili e poi avrebbero
deciso se rimandarli a casa. In ogni caso, avrebbero avvertito i loro genitori
dell’accaduto. Fabio guardò l’amico e disse con voce bassa:
“ Si può sapere perché sei tornato indietro
razza di idiota?”
Simone aspettò qualche secondo prima
di rispondere. Non sapeva nemmeno lui quale fosse stata la ragione di quel suo
gesto. Disse la risposta che forse avrebbe dato a qualcuno di esterno che gli
avesse fatto la stessa domanda.
“ Tanto che cazzo facevo qui senza di
te?”
Fabio sorrise. Poi prese dalla tasca
qualcosa e allungò la mano aperta verso l’amico.
“ Sono riuscito a fregare due Kit Kat
mentre il grassone rimetteva le cose nella borsa.”
Simone scoppiò in una risata mentre
addentava la gustosa barretta di cioccolato.
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